Quale sarà il destino dei friulani in UK?

Il 31 ottobre, è questa la deadline per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. Il governo britannico di Boris Johnson ha ribadito solennemente, in apertura del Queen's Speech - il discorso nel quale il governo britannico affida alla regina la lettera di fronte alle Camere riunite del proprio programma per il nuovo anno parlamentare - l'intenzione di attuare la Brexit entro la fine di questo mese.

Cosa succederà dopo questa data ai corregionali che si trovano in UK?

Sono oltre settemila i friulani che risiedono e lavorano nel Regno Unito, i quali attendono di fare chiarezza sul proprio futuro. Preoccupazione anche per le imprese: la Gran Bretagna rappresenta il quinto Paese di destinazione delle esportazioni del Friuli Venezia Giulia, con oltre 700 milioni di euro nell'ultimo anno. Con Stefano Rossini, CEO di Dottori Commercialisti Ltd e di Cognitor Ltd, abbiamo cercato di fare chiarezza su questo intricato negoziato e sulle prospettive future.

Qual è il destino della Brexit?

Non si sa ancora come andrà a finire questo braccio di ferro fra l’Unione europea e il Regno Unito. Io sono dell’idea che la Brexit, ossia l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, avverrà con un accordo bilaterale fra le parti. Questo perché per entrambe (Unione europea e Regno Unito) sarebbe un “massacro” economico chiudere il loro rapporto senza intese commerciali. Un disastro che avrebbe conseguenze anche di carattere sociale.

Quali potrebbero essere le conseguenze per i moltissimi nostri corregionali nel Regno Unito?

I nostri corregionali sono ancora al sicuro, fino a quando non si arriverà ad una conclusione. L’amministrazione inglese ha affermato che potranno restare soltanto ottenendo il Settled Status, ossia la certificazione prevista per i cittadini comunitari che vivono in Gran Bretagna da almeno cinque anni. In questo caso, il vantaggio risiede nel fatto che, per ottenerla, non è richiesta molta documentazione; per compilare il modulo online bastano soltanto un conto corrente o una prova di residenza (proof of residence) come, ad esempio, una bolletta telefonica. D’altra parte, i problemi lavorativi sono davanti agli occhi di tutti: il Regno Unito non rappresenta più il Paese delle opportunità e la manodopera straniera sta calando, con evidenti criticità di sorte; tuttavia, non bisogna “perdersi d’animo”, in quanto il Regno Unito ha bisogno degli stranieri come gli stranieri hanno bisogno del Regno Unito.

Come si possono tutelare le aziende italiane, quali sono i consigli per gli imprenditori?

Potrei dare molti consigli agli imprenditori italiani, ma dato che al momento non ci sono conseguenze certe, mi limito ad illustrare come ho deciso di affrontare questa situazione. Ormai sono nel Regno Unito da quasi un decennio e sono certo che, a prescindere da come andrà a finire, si creeranno nuove opportunità di business. Per tale motivo, ho deciso di costituire una nuova società, Cognitor Ltd, per offrire nuovi servizi e per implementare quelli che ormai fornisco da anni. Sembrerà folle, ma io credo nel Regno Unito e sono sicuro che, nonostante le indubbie difficoltà iniziali derivanti dall’uscita dello stesso dall’Unione europea, questo Paese saprà rialzarsi e ritornare ad essere un punto di riferimento per l’economia mondiale.

Cosa rischiano invece gli imprenditori che hanno deciso di investire Oltremanica?

Gli imprenditori che hanno deciso di investire Oltremanica si troveranno sicuramente a dover “fare i conti” con un sistema in continuo cambiamento, soprattutto nei primi anni. Questo perché il Regno Unito dovrà realizzare una serie di riforme necessarie per ridurre l’impatto economico-sociale derivante dalla Brexit. Il mio consiglio è comunque quello di non demordere perché, dopo il primo periodo di assestamento, il Regno Unito avrà l’opportunità di attuare riforme senza dover sottostare ai parametri stringenti dell’Unione europea.

Molte sono le imprese friulane che esportano in Gran Bretagna. Quali sono le problematiche a cui andranno incontro nei prossimi mesi?

In questo periodo si parla spesso della possibilità di una Hard Brexit, ossia di un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza accordo. In questo caso, le importazioni e le esportazioni subirebbero enormi danni perché il difetto di partecipazione all’unione doganale e al mercato unico produrrebbe dei forti contrasti in ambito commerciale fra le parti (ad esempio, in relazione alle tariffe esterne applicate e alle norme interne divergenti), con conseguente aumento dei prezzi, difficile reperibilità dei beni di uso comune e un abbassamento del valore della sterlina (già riscontrato negli ultimi mesi).

Investire nel Regno Unito ha ancora senso o sono preferibili altri mercati?

Secondo me ha senso se si ha la pazienza di aspettare che il sistema anglosassone si assesti e riparta. Sicuramente non bisogna avere fretta o sperare che l’investimento porti i suoi frutti nel breve periodo perché tale circostanza è da considerarsi alquanto improbabile. D’altro canto, ci sono nuovi mercati che si stanno espandendo e che stanno proponendo incentivi interessanti per chi costituisce e/o investe negli stessi; mi riferisco, ad esempio, alla Bulgaria e ai Paesi dell’Europa dell’Est, ma anche a quelli dell’America Centrale e dell’America del Sud.